ed assembrârsi a la cittá sovrana,
fecer le schiere, uscîr fuor de le mura.
Ettor avea, che li ’l mandò Morgana,
un bel destrier, che di miglior non cura;
il buon Ettòre ordinò le battaglie,
dove si franser elmi e scud’e maglie:
de! quanto fu crudel, mortal’ e dura!
Or quiv’è ben dipinta la prodezza, 265
veder pugnar li Greci e li Troiani;
cavagli e cavalier’ di grand’asprezza,
a front’a fronte, ogni giorn’a le mani;
troncare scudi e brandi in gran fortezza,
abbattere e cadere i più sovrani;
veder cavai rotare a vote selle,
brair, gridar, troncare aste ed istelle,
que’ nobil’ cittadini e foretani.
Quiv’è dipinto Ettòre in quella pressa, 266
che va faccendo grande uccisione;
a destra ed a sinistra, ov’è piú spessa,
a cui tronca la testa, a cui ’l bredone;
que’ fa di Greci sí grande rimessa,
fúggongli avanti com’ foss’un leone;
in quell’assalt’uccis’è il sagittaro.
E tutto v’è come i Greci pugnaro,
uccidendo i Troian’ quella stagione.
Molto si sembra ben tra’ cavalieri 267
Agamennone e lo prod’Accillesse;
uccidere e brair per li sentieri,
l’assembraglia e gli assalti e le rimesse;
fragnere scudi ed isquartar destrieri,
e far troncon di gross’aste ed ispesse;
a chiari brandi ed elmi rilucenti,
in fiotta i cavalieri a diece a venti,
riscuoter e fedire a le gran’ presse.