che da la parte Pompeio prese e tenne;
e tutti fuôr tra d’Asia e mezzogiorno,
che ’n lor reami mai non fen ritorno;
per la salvezza di Roma ebber pene.
In quello stormo soldati e gentili, 184
mischiatamente, sanz’altro paraggio;
la forza e l’arme sovrastava a’ vili,
neun onor valea alto lignaggio.
Brutto, che uccise Cesar co li stili,
sí cambiò arme per prender vantaggio;
Cesare andò a fedir quasi ch’a morte
ma li Dii nol lasciar compier le sorte,
che Brutto l’avría morto in gran barnaggio.
Èvi Pompeio che guarda e vede i suoi 185
sí metter a la morte e malmenare;
disse: «Oi sovrana vertú, tu che puoi,
uccidi me per quest’altri campare;
uccidi me e’ miei figliuoli, e poi
iscampa ’l mondo tutto, che ’l puo’ fare».
Poi intorniò sue insegne, e fece vista
partirsi, e andonne ver’ sua moglier trista,
in Metellina un’isola di mare.
Per tre ragion v’è scritto che partío: 186
l’una che non perisser tutti quanti;
l’altra per non mostrar su’ fine rio
a Cesar, che gli stava ognor davanti;
e per pietá che di Cornilla avío,
piagnea Fortuna con sospiri e pianti;
molti Roman’ rimaser combattendo
per dimostrar lor franchigia, sappiendo
che Pompeo s’iera partito davanti.
E dopo lui rimase il buon Catone, 187
che fece oltramiraboli prodezze;