Cesare, intalentato di battaglia, 92
parlamentò e disse ai suoi: «Lontani,
per me soffert’avete gran travaglia,
e conquistar molti paesi strani;
or siam noi altressí gran scomunaglia,
com’Anibaldo re fu co’ Romani;
signor’, prendiam vistamente la guerra:
la soverana vertú che non erra,
si tien con noi, e li dèi soverani».
Quando Cesare ebbe sí parlato, 93
il popul cominciò tutto a fremire,
per la pietá del buon romano stato,
ché i templi e le magion convien perire;
e i piú arditi avean cuor ammollato;
ma Cesar li sormonta in grand’ardire,
poi che l’amavan tutti oltre misura:
Leliusso si trasse avanti allora,
ch’al primo fronte solea tuttor gire.
Dipinto v’è ch’avea un dardo in mano 94
quel forte cavalier sí vigorito,
e tuttor dava il colpo primerano,
quando lo stormo fosse stabilito;
e disse in grande grido soverano:
«Cesare, grande duca, pro’ e ardito,
perchè dimore tu e tarde tanto?
dimostra il tu’ poder, chè n’hai cotanto,
sí che da’ Sanator non sie schernito.
Quanto l’anima fie ne le mie vene, 95
e mio braccio potrá dardo portare,
io non refuserò guerra nè pene;
per te farò crudel cose saggiare;
ciò che comanderai fie fatto bene,