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138 | poemetti allegorico-didattici |
LVIII
L’attender ched’i’ faccio con paura,
mi tene in pensamento tuttavia,
ma la speranza, in che ’l mi’ cor disia,
4alcun pochetto in ciò mi rassicura.
Ché, sanza fallo, pena tanto dura
como l’attender non credo che sia,
né dolce medicina, in fede mia,
8come per isperar fare uom sicura
la vita sua ne lo dolce pensero,
che a ciascuno amante dona Amore,
11senza lo qual sería morte la vita.
Similemente in me aggio partita
la dimoranza, ch’i’ faccio mant’ore,
14fuggendo la paura, e sperar chero.
LIX
I’ sí vorrei cosí aver d’Amore
ben ed onor, com’io li son leale,
e, s’io son lo contraro, averne male
4in simil guisa, e greve pentigione:
né non sarebbe ciò contr’a ragione,
secondo il mi’ parer, ma cosa iguale.
Ma non vo’ dir di voi, Amor, cotale
8che vivere mi fate in pensagione.
Perché dovete aver piú segnoria,
la qual mi piace ben che voi aggiate
11acciò che la seguiate con onore.
Ché ’n tutte cose, dolce mio Amore,
conven che gentil core aggia pietate,
14ch’umili istanno e aman cortesia.