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134 poemetti allegorico-didattici

L

     La pena che sentí Cato di Roma
in quelle secche de la Barberia,
lor ch’al re Giuba pur andar volía
4veggendo la sua gente istanca e doma,
non sembl’a me che fosse sí gran soma
d’assai, mia donna, com’or è la mia:
ché se serpente e sete mal facia
8lui ed a’ suoi, come Lucan li noma,

     i’ son punto e navrato da colui
che tutte cose mena a su’ piacere
11li e face a qual si vuole adoperare.
Dunque piú crudelmente può mal fare,
che l’altre cose, cui e’ dá podere,
14Amor, che me conquide piú ch’altrui.

LI

     Dicendo i’ vero, altrui fallar non curo,
ch’alcuna volta il dritto si ritrova.
Né non conven giá che colui si mova
4che fa ’l ver su’ timon, ma stea sicuro;
ché, sanz’irlo cercando, vedrá puro,
a chi l’avrá conteso, perder prova:
ché non è or la mia sentenza nova
8che ’l menzonier rimane in loco iscuro

     a lungo andar con tutta sua menzogna;
ma ben vedén che sempre è avvenuto
11e similmente adiverrá ancora.
E, quanto piú di tempo il ver dimora
ad apparir, tant’è colui tenuto,
14che l’ha nascoso, con maggior vergogna.