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sonetti e canzoni | 97 |
IV
Io mi credeva che ragione e fede
m’avesse luogo in domandarti dono,
amico, cui di cuore e voler sono,
4di quanto facci prendere mercede.
Né se tua canoscenza non provede
in ciò faccendo ciò ched io propono,
né giá però riman ch’i’ pur ragiono,
8servirti el mio voler nol mi concede.
Lo qual non chiede — tuttor né dimanda,
che che fatto li sia fuor che fermarsi
11di vendicarsi di chi forte il serve.
Sì che, amico, perché tu diserve,
sermenti ond’om pori’ abeverarsi
14salv’ in mia veggia, né non vo’ che ispanda.
V
Poi ch’ad Amore piace
e voi ch’i’ sia gioioso
per lo ben che mi fa ora sentire,
ched è tanto verace
5che bene aventuroso
di ciò clamar mi posso nel meo dire,
deggiomi risbaldire — e gioi’ mostrare,
lassando lo pensare
dov’io son dimorato doloroso;
10ché tutta volta il core
dee del voler d’amore
a suo poder sempre esser disioso.
Se omo unqua disio
fermo ebbe di volere
15fare ad amor quanto li fosse in grato,