Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
96 | poemetti allegorico-didattici |
II
Compar, che tutto tempo esser mi soli
sí ubbidiente como a tuo maestro,
a fede mando a te, (perché al destro
4mi tengo in faticarti, e so che vuoli
ch’i’ ’l faccia, ché d’amico non ti duoli
possilo tu servir) che a Salvestro
ricordi che d’aver contento ne stro
8cinquanta o cento di que’ suoi magliuoli.
E saver puoli — mi fann’uopo tosto,
però che al fatto mio il tempo passa,
11onde ti priego che ’n ciò ti fatichi.
Intanto che da mia parte sí dichi,
il centinaio assai varrebbe a Massa,
14per acconciare ed abbellir mi’ mosto.
III
Cosí fostu acconcia di donarmi
quel ch’io ti chieggio, pulzella gentile,
come tu se’ di dir con voce umile:
4«Tòllete, sanza piú dispiacer farmi!».
Ch’allor porei allegro in gioia starmi,
contandomi tra gli altri signorile;
ma ciò, che tu mi gabbi e tieni a vile,
8sí è la cosa che fará finarmi.
Ché rallegrarmi — punto non mi posso,
ne’ poterò giammai, infin a tanto
11che’l viso dolce, a l’atto ond’on la sente,
e quella bella bocca dolcemente
ti basci con tua voglia; e po’ mi vanto
14d’esser di pena e di dolore scosso.