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Vedete mo’ quale malìa!

Com’è facile a pensarsi, bruscamente disturbata dalle più futili cose, la mia ragione poteva benissimo rassomigliarsi a quella rupe di mare, di cui fa parola Tolomeo Efestione, rupe che qual torre resisteva immobile ad ogni violenza umana ed al furore più terribile delle acque e dei venti, e che tuttavia, tocca appena dall’asfodelo1, cupamente vacillava in sua base. A un filosofo superficiale potrà sembrare semplicissimo e fuor dubbio che la terribile alterazione prodotta nelle condizioni morali di Berenice dalla sua deplorabile malattia potesse apprestarmi il precipuo soggetto di esercitare quell’intensa ed anormale meditazione, di cui testè provai non poca difficoltà a spiegare la natura. E pure, chi lo crederebbe? Nulla, proprio nulla vi era di tutto questo.

Nei lucidi intervalli della mia infermità, è vero, la sua malattia mi dava un grande affanno; quella completa ruina della sua vita bella e dolce, mi schiantava il cuore: di spesso, colmo di amarezza, io andava meditando sulle misteriose e strane vie in cui sarebbe scoppiata una rivoluzione sì pronta e misteriosa. Ma questi pensamenti non facevan parte dell’idiosincrasia del mio male; essi erano tali che, in circostanze analoghe, si sarebbero pre-

  1. Asfodelo o asfodillo, pianta appartenente alla famiglia delle gigliacee, alla classe delle esandrie di L., ordine delle monoginie. Le specie più conosciute sono l’asfodelo ramoso (porazzo); il giallo, il bianco. Dal sugo fermentato del suo tubero traggesi alcoole, d’un odore erbaceo tutto suo proprio, di cui in Sardegna tentossi in questi ultimi tempi un’attiva e molto diffusa fabbricazione.

    B. E. M.