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non ignoravano ch’egli era in ogni sua facoltà ben sano; ma ad assicurarsi ch’e’ no ’l fosse — importava sentirlo, vederlo e persino toccarlo.

In occasione di questa splendida festa, egli aveva assistito in persona, quasi continuo, alla decorazione delle suppellettili di quelle sette camere, e quella varietà spiccata di stili e colori era per intiero dovuta al personale suo gusto. — A che celarlo? — si vede; le sue erano state idee bizzarre e grottesche; in tutto un gusto sfavillante, uno sfarzo che abbagliava. Il bizzarro al fantastico, la novità si mesceva al solenne, — molto, insomma di quanto abbiam visto da che venne fuora l'Ernani. — Ivi, spiccavano figure veramente arabesche, con abbigliamenti e corredi assurdi, tirate senza ragion d’ordine e di simmetria; immagini sinistre con tutte le apparenze della follia: il bello, in lotta colle concezioni della licenza, e qua e là scene di capriccio vivo; ed ora apparía il colorito del terribile, ora il ributtante in tutto il suo orrido aspetto.

In breve, era una moltitudine di sogni infinita, che qua e là si pavoneggiava incessante in quelle sette sale, sogni che — a mo’ di serpi in lotta contorcevansi per ogni verso, colorandosi dai colori delle camere rispettive; — e sarebbesi detto ch’essi eseguissero co’ lor piedi la musica, e che le arie strane dell’orchestra fossero l’eco ancor più strana dei loro passi.

E sempre, di tanto in tanto, ad un’ora di intervallo, i suoni dell’orologio della sala di velluto vibravano misteriosamente solenni. Ed allora per un istante, a cessare ogni moto, a farsi silenzio perfetto, — e la voce dell’orologio a dominare