profondo. Ivi, merciaiuoli ebrei dagli occhi di falchetto scintillanti, sulle cui fisonomie errava una umiltà abbietta e maligna; e sfacciati mendicanti di professione che sgarbatamente urtavano altri miserabili di men sinistra apparenza, sventurati che la sola disperazione aveva gettato tra l’ombre notturne a chiedere un pane; e invalidi cascanti per debolezza, simili a spettri cui la morte abbia già afferrato con avida mano, i quali avanzavano a stento, barellanti a traverso la folla, con gli sguardi supplici fissi su’ vicini, quasi in questua di un’insperata consolazione, di qualche perduta speranza; e modeste fanciulle, reduci dai prolungati lavori al meschino abituro, più dolenti che sdegnate agli sguardi degl’impertinenti e lascivi, de’ quali non era possibile evitare il contatto; e prostitute di ogni specie e d’ogni età, — l’incontrastabile bellezza nel primo fulgor della vita, che ci rammenta la statua di Lucano, la cui superficie era di pario marmo e il di dentro di schifose lordure, — la lebbrosa tutta strucia e fetente, ributtante e colma d’obbrobrio, — la vecchia strega, grinzosa, lorda di pomate e di belletti, sopraccarica di ori falsi, grottescamente studiosa di ritentare le estreme appariscenze della gioventù, — la fanciulla ancora vergine, frutto quasi acerbo, ma di già apparecchiata da’ lunghi artifici del lénocinio alle arguzie provocatrici del commercio infame, ed arsa dalla divoratrice ambizione di essere già tenuta a paro delle sue vecchie compagne di vizio. E stuolo innumerevole ed indescrivibile di ubbriachi, questi cenciosi, balenanti, slombati, dai visi della morte e gli occhi vitrei, — quelli con abiti interi, sì, ma squallidi; un chiacchierio da gradassi, grosse