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che dei demonj1. E la mia memoria faceva ritorno (ahi con quell’intenso rammarco!) verso Ligeia, Ligeia la diletta, l’augusta, la bella, la splendida, la morta Ligeia. Vere orgie di rimembranze, le mie! Il pensiero vi discorreva per ogni verso; m’inebbriavo sovrananamente nella sua purezza, nel suo sapere, nella sublime sua eterea natura, nell’amor suo appassionato, amore d’idolatria. Allora il mio spirito pienamente ardeva, ardeva largamente d’una fiamma molto più inestinguibile, molto più ardente che non era stata la sua. E nell’entusiasmo de’ persistenti miei sogni (ero omai abitualmente sotto l’impero del veleno) io gridava ad alta voce il suo nome, lo gridava nel silenzio della notte alta, e di giorno tra gli ombrosi e melanconici ritiri delle vallate, come se per atto di mia selvaggia energia, per solennità della stessa passione, pel fuoco voratore di quella frenesia per la defunta, io potessi richiamarla a’ sentieri di questa vita da lei per sempre abbandonata. Per sempre! ed era e’ mai ciò possibile? — per sempre! — per sempre?...
Al principio del secondo mese del nostro matrimonio, la signora Rowena venne colta d’improvviso malore, che assai l’afflisse e da cui uscì a rimettersi con grande lentezza. La febbre, ond’era consumata, le rendeva le notti molto penose, e nell’inquietudine de’ suoi lievissimi sonni ella parlava di suoni e di moti che qua e là e ad in-
- ↑ Il lettore può vedere, ove confronti, la grande, la pienissima libertà di cui mi valsi sempre, ma specialmente in questa storia.
R. E. M.