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torre. Il palco della camera, di annerita quercia, si spiccava eccessivamente alto a mo’ di volta, scanalato bizzarramente di ornamenti stranissimi, fantasticissimi, di uno stile semigotico, semidruidico. E al fondo di questa melanconica volta, proprio al centro, sospesa a semplice catena d’oro composta di lunghi anelli, vedevasi una grande lampada dello stesso metallo fatta in forma di turibolo, ideata sul gusto saraceno e ricamata a capricciosi fori, tra’ cui scorgevi vibrarsi, sprazzarsi intersecarsi, scintillare, attorcigliarsi con la vitalità d’un serpente i mille continui raggi d’iridiscente luce.
Alcuni seggioloni e qualche candeliero di forma orientale qua e là posati, senz’ordine; e il letto — il nuzial letto — era in istile indiano, basso, d’ebano massiccio e a bassi rilievi, parato a sopraccielo, simile a mortuario drappo. Ad ogni angolo della camera rizzavasi un gigantesco sarcofago di granito nero, tratto dalle tombe dei re nelle vicinanze di Louqsor, con l’antico suo coperchio sopraccarico di scolture immemoriabili. Ma lo sfoggio precipuo, inesplicabile della fantasia chiarivasi propriamente negli arazzi degli appartamenti. Su’ muri prodigiosamente alti, alti pure al di là d’ogni proporzione, distendevasi una tappezzeria greve e apparentemente massiccia, che terminava in ampie nappe ondeggianti, tappezzeria della stessa materia del tappeto della stanza; e della stessa i seggioloni, il letto d’ebano, ed anco il baldacchino del letto e le tende lussureggianti ond’era in gran parte nascosta l’ampia finestra. La qual materia componevasi d’un tessuto d’oro ricchissimo, qua e colà varieggiato di arabiche figure, d’un piede all’incirca di diametro, che rilevavano su gli sfondi