Pagina:Poe - Storie incredibili, 1869.djvu/275


— 269 —


contemplare tutt’anima i grandi, i dilatati occhi di Ligeia.

Pe’ suoi occhi, in affè mia, io non trovo modello nell’antichità più remota; ed era forse negli occhi della mia diletta che nascondevasi il mistero di cui parla Verulam. Erano, penso, più grandi degli occhi ordinari dell’umanità, e meglio fessi dei più begli occhi di gazzella della tribù della valle di Nourjahad: ma non avveniva che ad intervalli (ne’ momenti d’eccessivo animarsi), che tale particolarità si facesse singolarmente meravigliosa. In que’ momenti, la di lei bellezza — tale almeno come appariva al mio pensiero di fuoco — era la bellezza della più favolosa urrì d’Oriente. Le pupille, d’un nero intensissimo, fascinante, e quasi velate da nereggianti lunghissime ciglia; a disegno lievemente irregolare e d’egual colore, i sopraccigli. Tuttavia, lo stranio ch’io scorgeva ne’ suoi occhi non dipendeva affatto dalla loro forma, dal loro colore, dal loro lampo; ma era assolutamente da attribuirsi alla pura espressione. Qual parola questa! Una parola senza senso! un puro suono! spazio vasto sconfinato ove vaga e si libra tutta la nostra spirituale ignoranza! — L’espressione degli occhi di Ligeia! — Oh! le lunghe e lunghe ore che vi meditai sopra! Le tante volte che, l’intiero corso d’una notte estiva, io mi abbandonai al potentissimo fascino di perscrutarli! Stolto! E che era mai quel non so che — quel non so che più profondo del pozzo di Democrito — ch’io scorgeva laggiù laggiù in fondo, nel più remoto punto delle pupille della mia diletta? Che era e’ mai? Io mi sentivo ardere della passione di scoprirlo. — Quegli occhi! quelle dilatate, quelle scintillanti, quelle di-