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po, quella gioia intensa mutossi in un orror di dannato, quando, cioè, e’ stesso accostando la sua bocca al mio orecchio vi susurrò questa parola: Il Moskoe-Strom!
È impossibile che uomo arrivi mai a concepire i pensieri passatisi in me in quell’istante; impossibile, dico! Tremai da capo a’ pie’ come se tôcco ripetutamente di forza misteriosa, o come se preso di violentissimo accesso di febbre. Aveva compreso quanto bastasse la significanza di quella parola il Moskoe-Strom! Io sapeva pur troppo quanto mi volesse significare! Dal vento ch’ora ci spingeva, noi eravamo spinti nel vortice terribilissimo: nulla e nessuno ci poteva più salvare! Vi ho ben detto che, quando traversavamo il canale di Strom, noi tenevamo una linea assai discosta dal vortice, anche nel tempo della più perfetta calma, e che, oltre ciò, stavamo attentissimi e nell’attendere e nello spiare la quiete della marea: ma in allora eravamo spinti dritti dritti nella gola della tromba fatale, e con una tempesta così fatta! — E noi, pensava, per certo vi perverremo al momento della bonaccia momentanea; evvi, là, ancora un filo di speranza: — ma un momento dopo intimamente disprezzava me stesso, d’essere stato sì folle d’avere ancor sognato qualche speranza. Scorgeva, e n’era perfettamente convinto, che il nostro fine era segnato, fossimo pure stati sul più grande vascello della prima nazione del mondo.
In questo momento il furor primo della tempesta era cessato, o forse noi non lo sentivamo più tanto così, spinti com’eravamo rapidissimamente: ma il mare, domo in breve dal vento, piano e schiumeggiante rizzavasi su su in vere montagne.