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quello era un gran brutto pericolo: e per verità, ve lo affermo, lo era!

Udite.

Saranno omai tre anni, o forse qualche giorno, meno, che avvenne quanto or ora sono per dirvi.

— Era il 10 di luglio 18.., giorno che gli abitatori della contrada non iscorderanno mai; poichè in esso rovinò una sì terribil tempesta, quale giammai ne versarono le cataratte del cielo. Nondimeno tutto il mattino, ed anzi molto tempo dopo ancora il mezzodì, noi avevamo avuto bello e assai propizio vento di sud-ovest, con un sole davvero superbo, tanto che il più vecchio lupo di mare, nonchè prevedere, non avrebbe neanco sognato la scena di cui dovevamo essere attori ad una e spettatori.

Tutti e tre, i miei due fratelli ed io, avevamo attraversato le isole in su le due ore circa dopo il meriggio; e in breve la nostra barca fu onusta di bellissimo pesce, in tale quantità (e l’avevamo anzi notato tutti e tre) che mai la maggiore. Erano le sette in punto al mio orologio, quando levammo l’àncora per fare ritorno, calcolando, giusta la pratica, di fare il più pericoloso della traversata dello Strom appunto nel tempo della massima bonaccia, che noi sapevamo essere in su le otto ore.

Partimmo con buon vento largo sulla destra e per qualche tempo camminammo velocemente, e senza un’idea al mondo di pericolo; chè, per vero nulla vi era che ci apparisse tale da metterci in apprensione. D’un tratto fummo colpiti da rabida raffica di vento di prora che veniva da Helseggen. Accidente davvero straordinario, cosa