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poi restammo a terra quasi un’intiera settimana quasi morti di fame, in causa di una folata di vento che misesi poco dopo il nostro arrivo, rendendo il canale troppo agitato perchè noi potessimo avventurarci alla traversata. Nella quale circostanza, non ostante ogni sforzo, noi saremmo stati spinti ben al largo, avvegnachè le ondate ci balzasser qua e là con tanta violenza che noi avremmo dovuto in fine arar sull’àncora rotta, se non fossimo capitati in una delle innumeri correnti che si formano oggi qui e domani altrove, la quale ci trasse a sottovento di Flimen, dove, per fortuna, potemmo dar fondo.
Nè vi narrerò la millesima parte dei pericoli da noi corsi in quelle pescagioni (una brutta spiaggia in mia fede anche col tempo più bello); ma invero avevamo sempre moda di sfidare senz’accidenti il Moskoe-Strom famoso: eppure, molte volte sentii arrestarmisi i battiti del cuore, quando m’accorgeva d’essere d’un minuto innanzi o indietro della temporanea bonaccia. Talvolta poi il vento non era sì vivo come lo speravamo nel porci alla vela; ed allora avanzavamo men lesti che non l’avremmo voluto, mentre la nostra barca riusciva difficilissima ad essere governata per la corrente.
Il mio maggior fratello aveva un figlio dell’età di diciotto anni; ed io, per conto mio, due giovinotti molto valenti; i quali, in simili casi, ci sarebbero proprio stati di grande aiuto, sia per dar bene nei remi, sia per la pesca di poppa. Però, se noi di nostra piena volontà commettevamo le nostre vite alla sorte, non ci reggeva il cuore di lasciar affrontare cotanto pericolo da quelle giovani esistenze; poichè infine, considerato il tutto,