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canale di Maelstrom siavi un abisso il quale, attraversando il globo, riesca in qualche plaga incognita, lontanissima; — sì che una volta fu persino designato con molta leggerezza il golfo di Botnia. La quale opinione, certo assai puerile, era tuttavia quella cui, nel mentre io osservava dall’altissimo picco lo spettacolo, la mia immaginazione desse molto più volentieri il suo assenso. E, avendola manifestata alla mia guida, restai molto meravigliato udendola dirmi che, sebben tale fosse appunto l’opinione dei Norvegi su quest’argomento, e’ nullameno la pensava diversamente. A proposito poi di tale idea, francamente confessò, essere incapace di comprenderla, ed io finii per restare d’accordo con lui; che, per quanto essa possa parere concluderne sulla carta, in fin fine diviene assolutamente inintelligibile ed assurda di fronte al fulmine dell’abisso.
— Ed ora, — mi disse qui il buon vecchio — ora che avete ben contemplato il vorticoso gorgo, se credete con precauzione lasciarvi scorrere dietro cotesta roccia, sottovento, tanto per mitigare il frastuono delle acque, io vi narrerò una storia per cui rimarrete convinto ch’io ne so pur qualche cosa, io, del Moskoe-Strom!
Mi postai come gli parve, ed ei prese a dire:
— Una volta, i miei fratelli ed io possedevamo una goletta della portata di settanta circa tonnellate, con cui ordinariamente andavamo a pescare tra le isole al di là di Moskoe, presso Vurrgh. Purchè colgasi il tempo opportuno, e che non difetti il coraggio all’impresa, ogni violenta agitazion di mare suole arrecare buona pesca: però, tra tutti gli abitatori della costa di Lofoden, noi