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strana, profonda e stupenda sensazione della novità ond’è come annichilito lo spettatore. Invero io ignoro il punto preciso e l’ora in cui ebbelo contemplato quello scrittore; ma certo e’ non fu nè dalla vetta di Helseggen, nè durante una tempesta. Hanvi tuttavia in quella sua descrizione certi passi che, ne’ particolari loro, meritano d’essere conosciuti, sebbene assai lontani dal dare un’impressione degna di tanto spettacolo. Eccoli.
«La profondità delle acque tra Lofoden e Moskoe giugne dalle 36 alle 40 braccia; ma dall’altra parte, dalla parte del Verme (vuol significare Vurrgh), tale profondità scema tanto, che una nave non potrebbe trovarvi il passo senza correr pericolo di fracassarsi tra le vive roccie, accidente possibilissimo anco nella più solenne calma. E quando la marea sale, la corrente gettasi nello spazio compreso tra Lofoden e Moskoe con una tumultuosa rapidità; e allora il terribile ruggito del suo riflusso viene a mala pena uguagliato dal ruggito delle più alle e più orribili cateratte, e il romor si distende a più leghe, lontan lontano, e i vortici o gorghi cavernosi sono di tale distesa e di tanta profondità che se per caso una nave o bastimento entrasse nel raggio della loro attrazione, ne verrebbe inevitabilmente scosso, aggirato, inghiottito e tratto al fondo, ed ivi mandato in mille frantumi tra le taglienti infinite punte delle roccie; poi, con la calma della corrente, rivomitati gli infelici resti alla superficie. Ma cotesti intervalli di calma non avvengono che tra il flusso e il riflusso, in tempo quietissimo, e non durano oltre il quarto d’ora; e dappoi la violenza della corrente grado a grado ritorna.
«E quando maggiormente freme, si gonfia e bolle