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dall’interno di Lofoden, per modo che non ci era stato possibile vedere il mare, se non allora che tutto d’un tratto ci era apparso da quell’altissimo picco. In quella che il vecchio parlava, io ebbi come la percezione d’un romore fortissimo, che andava crescendo, simile al muggito d’un’innumerevole mandra di bufali nelle praterie dell’America; e, nel momento stesso, scôrsi che ciò che i marinai usano dire carattere di fortunale, rapidamente mutavasi in corrente, la quale muoveva di verso levante: e in quella che l’osservava, prese una rapidità prodigiosa. D’istante in istante la velocità sua raddoppiavasi, la sregolata sua impetuosità, crescendo, si distendeva. E in cinque minuti tutta la distesa del mare sino a Vurrgh venne flagellata da una furia indomabile; ma, propriamente, quel romore d’inferno più tempestava terribile tra Moskoe e la costa. Chè, là, l’ampio letto delle acque solcato e infranto da mille contrarie correnti, rompeva d’improvviso in frenetiche convulsioni, ansante, bollente, fischiante; contorto in giganteschi, sterminati, vorticosi giri, ruotandosi e piegandosi per intiero verso levante con quella rapidità solenne che solo è dato vedere nelle più alte e grosse cascate di acque.

In co’ d’alcuni istanti quella scena assunse un aspetto affatto differente. Tutta quell’immane superficie apparve più unita, i vortici un dopo l’altro scomparvero, mentre qua e là allungavansi prodigiose zone di schiuma sin’allora non viste. Le quali dappoi si distesero ad una grande distanza e, mischiate con altre, esse pure passavano in que’ celeri e vorticosi giri dileguantisi, formando così come il centro d’un vortice più vasto, più forte. Il quale,