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sti, la sensazione di quel tocco diffuse in tutto l’essere mio una delizia sensuale indefinibile, inapprezzabile; ripeto, una vera delizia sensuale. E tutte le mie percezioni erano prettamente sensuali. Il cervello renduto passivo ai materiali dei nervi, la morta intelligenza era inatta a porli in opra e a dar loro una forma qualunque. Nella qual condizione vi era alcun che di doglia e di voluttà molta; e di piaceri o dispiaceri morali, non l’ombra. Quindi i forti tuoi singhiozzi fluttuavano nel mio orecchio in tutta la dogliosa loro cadenza, il quale misuravali in ogni più minuto inflettersi di tua melanconia; ma eran essi per me come altrettante note musicali soavi soavi, e nulla più; nè arrecavano alla spenta ragione senso alcuno dei dolori che la rendeano viva; mentre la copiosa e persistente pioggia di tue lagrime cadenti sul mio volto (testimoni gli astanti all’affanno dell’affranto tuo cuore), filtrava semplicemente e grado a grado un principio d’estasi in ogni fibra dell’essere mio. E per verità quella era proprio la Morte, la Morte, di cui gli astanti parlavano con voce bassa e riverente, — e tu, o mia dolce Una, con voce convulsa, piena di singhiozzi e di stridi.

Da poi mi acconciarono per la bara — erano da tre o quattro figuri smunti e mesti, che aggiravansi qua e là con fisionomie esterrefatte. I quali passando sulla linea retta della mia visuale, m’impressionavano sì come altrettante forme o parvenze di forme: se non che, quando e’ mi passavan di fianco, le apparenze loro si convertivano nel mio cervello in grida, in gemiti, in altrettali lugubri espressioni di terrore, d’orrore, di sofferenza. Tu sola, tu, con la tua veste bianca, ondeggiante, in