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versalità, io non iscorgeva veruna rigenerazione possibile tranne che nella morte. Ma, in quanto è razza, non potendo l’uomo andare distrutto, vidi ch’era somma necessità rinascere.
Ed era in quell’epoca, mia bellissima, mia carissima Una, che noi continuamente cullavamo i nostri spiriti in dolci e fantastici sogni. E in quegl’istanti, in sull’ora del crepuscolo moriente, noi discorrevamo sui giorni futuri, — quando l’epidermide della Terra cicatrizzata dall’Industria, essendo stata purificata in quel modo che, solo, poteva cancellarne le sue spiacevoli irregolarità, sarebbesi tutta messa a nuovo co’ campi smaltati di verdura a color’ mille, le dolci ed amene colline e le acque da’ mistici mormorii del Paradiso, — e così sarebbesi fatta stanza davvero conveniente all’uomo, all’uomo purgato dalla Morte, sì come dal fuoco l’oro, all’uomo la cui nobilitata intelligenza più non avrebbe trovato il veleno nella scienza, all’uomo redento, rigenerato, reso felice, fatto immortale, e nondimeno pur sempre nell’involucro della materia.
Una. — Oh, sì, sì, io ben me le rammento queste conversazioni, o caro Monos! ma allora l’epoca del fuoco distruttore non era tanto vicina, quanto la immaginavamo noi, e quanto la corruzione, di cui favelli, ci permetteva per verità di crederlo. Gli uomini vissero e come individui passarono; e tu stesso, vinto dalla malattia, se’ passato per la fossa, e la tua Una, la tua costante Una vi ti ha prontamente seguito. E sebbene gli assopiti sensi nostri non abbian patito le torture dell’impazienza, nè li abbia infastiditi la lunghezza del secolo, che è dappoi dileguato, e il cui rivol-