tardò ad essere guasto da sistemi e da astrazioni; diguazzò nelle generalità e ci stette. Tra le altre bizzarre idee poi ebbe fatto passi e, come suol dirsi, pigliato voga l’idea della eguaglianza universale; e a fronte dell’Analogia e di Dio (a dispetto di quell’alta e salutare voce delle leggi di gradazione, che sono condizione d’ogni cosa così terrena come celeste), in faccia, ripeto, dell’Analogia e di Dio si fecero assidui ed irragionevoli conati per istabilire il regno di una Democrazia universale. Una Democrazia universale! Il quale malanno necessariamente sgorgò dal malanno primissimo la Scienza. Nè certo poteva l’uomo divenire sapiente e piegare ad una il collo al giogo. Nullameno città innumerevoli ne sorsero, città immense, fumiganti ed affumigate. Le belle verdeggianti foglie si raggricchiarono all’alito tepente dei fornelli; e il bell’aspetto della Natura fu renduto deforme come se tocco dai pernicievol’influssi di ributtante malore. E mi parve, o mia carissima Una, che lo stesso sentimento, omai assopito, del troppo violentare e spingersi tropp’oltre avrebbeci almen dovuto fermare a quel punto. Ma per vero sembrava che col pervertire il nostro gusto, o piuttosto col trascurare di coltivarlo nelle scuole, si fosse da noi stoltamente compito la propria rovina. Avvegnachè, a dirla giusta, era appunto in cotesta crisi che il solo gusto (questa facoltà la quale segnando il punto mediano tra la intelligenza pura e il senso morale, non venne mai disprezzata impunemente), il solo gusto, ripeto, poteva insensibilmente guidarci verso il Bello, la Natura e la Vita. Ma, ohimè! o puro spirito contemplativo e maestosa intuizione del divo Platone!