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a definire l’indefinibile. E quindi non li dirò: principia dal punto in cui cessa la vita, — ma comincia là da quel tristo, doglioso momento, quando, cessata la febbre, tu cadesti in un torpore senza moto e respiro, allora che ti chiusi le impallidite palpebre con le dita appassionate dell’Amore.
Monos. — Una parola dapprima, mia Una, sulla condizione generale dell’uomo a quest’epoca. Rammenterai ben tu che uno o due sapienti dei nostri antenati (sapienti nel fatto, non mica nella estimazione del mondo) ardirono mettere in dubbio la proprietà della parola Progresso applicata allo svolgimento della nostra civiltà. Ognun de’ cinque o sei secoli, che furono innanzi la nostra morte, vide a cert’epoche grandeggiare qualche intelletto alto e potente, e ’l vide strenuamente lottare per questi stessi principj, la cui evidenza oramai illumina la nostra ragione, audace schiava rimessa qui in suo seggio; principj che avrebbero dovuto insegnare alla nostra razza a lasciarsi guidare dalle leggi della natura anzichè volerle riscontrare o mettere a sindacato. Sorgevano a lungh’intervalli alcuni spiriti sovrani, per cui ogni progresso delle scienze pratiche non era che regresso nell’ordine della vera utilità. Talvolta lo spirito poetico — (questa facoltà la più sublime di tutte, omai qui l’abbiam constatato, — avvegnachè le verità della massima importanza non ci potevano essere rivelate che per tale Analogia, la cui eloquenza, essenziale all’immaginazione, nulla dice all’inferma e solitaria ragione); talvolta, dico, cotale spirito poetico sopravanzò una filosofia oscura ed incerta e lesse nella mistica parabola dell’albero della scien-