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rimasugli o ritagli di sì gran costruzione — dei quali tutti l’economico spirito del dottore Bransby aveva saputo trarre vantaggio, trasformandoli egualmente in dormitorj: ma siccome non erano che semplici camerette, non potevano servire che ad un solo individuo. E una di queste piccole camere era appunto occupata da Wilson.

Una notte — volgeva il quinquennio della mia dimora colà, e immediatamente in seguito all’alterco di cui ho parlato, — approfittando dell’ora in cui tutti i miei camerata quietavano in profondo sonno, mi alzai da letto, e, una lampada in mano, sguisciai a traverso un labirinto di stretti corridoi, avviandomi verso la stanzetta del mio rivale. Era già molto tempo ch’io mi stillava il cervello per fargli un bel tiro, un di que’ brutti, odiosi tiri in cui sino a quel dì non era potuto riescire. Sin d’allora, dico, essendomi fisso nel proposito d’eseguire il mio disegno, risolvetti di fargli provare la malvagità di cui ero capace.

Pian piano giunsi alla sua cameretta; posai sulla soglia la mia lampada, cuoprendola col paralume, e cheto cheto, quasi rattenendo il fiato, mi spinsi innanzi. Procedetti d’un passo e mi posi ad ascoltare il sordo rumore della sua tranquilla respirazione. Certo ch’ei dormiva profondamente, ritornai alla porta, presi la lampada e mi appressai al letto. Essendo chiuse le cortine, le ritirai adagio adagio per effettuare i miei propositi; ma, in questa, la luce viva della lampada brillò tutta quanta sul dormiente, e nell’attimo stesso i miei occhi si arrestarono sulla di lui fisionomia. — Rimasi a divorarmelo cogli occhi; — quand’ecco un intirizzimento, una vera sensazione di ghiaccio invade ogni più