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d’orgoglio da parte mia e di vera dignità da parte sua ci permetteva di mantenerci in uno stato continuo di stretta convenienza, mentre poi esistevano reciprocamente ne’ nostri caratteri moltissimi punti di conformità atti a svegliare in me un giusto sentimento, cui solo la nostra rispettiva situazione impediva di maturarsi in amicizia.
Per verità, mi riescirebbe, nonchè difficile, quasi impossibile il definire, o meglio il descrivere i veri miei sentimenti rispetto a lui: dirollo; essi formavano un amalgama il più eterogeneo, dai più strani colori; — specie di petulante animosità, che non era ancor odio, non istima, ed ancor meno rispetto; ma tenea del timore e d’un’immensa ed irrequieta curiosità. Credo inutile aggiugnere pel moralista che amendue, Wilson ed io, eravamo gl’inseparabili tra’ camerata.
Non fu l’influsso di un’ostilità tutta seria e spiccata, bensì l’anomalia e l’ambiguità di quelle nostre relazioni (schiette o dissimulale, esse erano sempre numerose), che indebolirono tutti i miei assalti contro di lui in forza di un sarcasmo vivo e persistente. E quali ferite non può egli aprire un umore inflessibile e severo? — Ma su questo punto i miei sforzi non ottenevano mai un trionfo regolarmente perfetto, neanco quando i miei disegni eran orditi con tutte le sottigliezze della malizia; imperciocchè il carattere del mio omonimo era quello di un’austerità tutta piena di ritenutezza e di calma, la quale mentre gli lasciava la soddisfazione dei piccanti suoi frizzi, lo metteva in grado di rimanersene invulnerabile, senza essere tocco dalle stimmate del ridicolo. Tuttavia, un punto solo io scorgeva in lui vulnerabile, ed era un’imper-