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osservatore non ci appunti di avere trascurato certe ragioni filosofiche del caso.

La natura in ogni suo procedimento s’addimostra con legge d’antitesi, e le stesse moltiformi e molteplici faccie della sua eterna bellezza sono, in ogni suo ordine, perennemente nuove e perennemente splendide, appunto per la fatale e feconda legge dei contrasti, che manifestasi dappertutto nella materia, nell’intelligenza e nelle stesse forme morali.

Ogni grande individualità artistica spicca generalmente pei suoi medesimi oppositi. Essa ha, come Giano bifronte, due faccie — la luminosa e la oscura; due istinti — il fisico o animalesco e l’eroico o angelico; due coscienze — la buona e la malvagia. Nè è tanto superficiale e frivola la vecchia sentenza, «che ogni poeta o artista abbia dello stranio;» che anzi nessun adagio ebbe maggior dose di vero del presente. Noi non accenneremo i presumibili criteri nostri sulla ragione filosofica o fisica o morale per cui un individuo, per esempio, roso dal verme dell’ambizione o dall’avarizia o dalla crudeltà, abitualmente e con ostentazione favelli di modestia, di prodigalità e di filantropia e simili; o viceversa. Potremmo benissimo chiamare in aiuto le scienze mediche e i criterii comparativi delle discipline biografiche; ma, a nostro avviso, non avremmo maggiormente affermato