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notai con occhiata rapida e comprensiva, e quindi ripresi la narrazione di Lancellotto, che era del tenore seguente:
«Ed ora il valido guerriero essendo sfuggito alla terribile furia del dragone, sovvenendosi dello scudo di rame e che l’incanto suddescritto erasi rotto, rimosso il cadavere che gli abbarrava la via, coraggiosamente avanzossi sul pavimento d’argento del castello, verso l’angolo del muro donde penzolava lo scudo, il quale, prima che il vincitore gli fosse vicino, cadde a’ suoi piedi sopra il suolo d’argento, mandando un suono lungo lungo, acuto acuto e terrificante!»
Ma queste ultime sillabe erano appena morte sulle mie labbra, che intesi l’eco distinto, profondo, metallico e tintinnante dello scudo di bronzo, così precisamente come se in quello stesso istante quel valido arnese di guerra fosse pesantemente caduto sull’impiantito di argento; l’eco era soltanto men vivo, e quale se avvertito in lontananza. Rimasi di sasso; ma tosto, scossomi, saltai ’n piedi: Usher però non aveva di un ette interrotto il suo dondolarsi. Mi slanciai verso la poltrona su cui stava sempre seduto: i suoi occhi erano sbarrati e fissi in linea retta, e tutta la di lui fisionomia appariva in preda d’una marmorea rigidità. Ma non sì tosto ebbi posato la mano sulla sua spalla, ecco un violento tremito percorrere ogni fibra dell’essere suo, un sorriso ignoto ed insano errare sulle sue labbra, intanto che mi accorsi ch’ei parlava come tra sè — basso, basso, basso — una specie di susurro precipitato ed inarticolato, come se non avesse coscienza della mia presenza.
Io accostai tutt’affatto la mia alla sua faccia e,