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men restío alle tentazioni dello scettismo, s’abbandonerà quasi baldo alla foga delle passioni delire.

Tra le quali circostanze eccezionali l’ingegno si desta, si avviva e piglia, diremmo, una tensione d’elasticità straordinaria, di moltiforme potere, donde ha luogo una fantasia tutta propria, sui generis, singolare nell’arte, singolare nel carattere stesso della nazione. Ma è una forza tutt’affatto subbiettiva, la quale tuttavia nella sua estrinseca manifestazione ha o mostra di avere un non so che di somigliante a quella dei venerati responsi delle Sibille a Babilonia, a Delfo, a Cuma. Specialità, se vuolsi, fatali e talor disgustose, ma che non sono perciò meno atte a comprovare il fatto. — In Hoffmann, per esempio, allorché il vino aveva scaldato la sua fantasia, la conversazione si faceva gaia, copiosa di epigrammi, di frasi argute e di sali; e, se non parlava, davasi al disegnare, e in una taverna di Berlino scorgesi ancora conservato un albo istoriato di suoi umoristici disegni.1 La pipa ed il bicchiere erano i dispensieri obbligati degli estri più stravaganti e proteiformi di quell’uomo singolare.

Ma qui ci sembra dover estendere maggiormente le nostre idee, affinchè qualche sagace

  1. Monnais, Biographie Universelle Ancienne et Moderne vol. 67.