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gnor Lancelotto. Evidentemente, non era che la semplice coincidenza che avesse scosso la mia attenzione; imperciocchè tra lo stridore delle imposte delle finestre ed il frastuono della tempesta ognor più crescente quel suono nulla aveva di per sè che mi potesse turbare o spaventarmi. — Così dunque io seguitai la lettura:
«Ma Etelredo, il valente campione, varcando allora la porta, montò su tutte le furie, meravigliato di non iscorgere alcuna traccia del malizioso eremita; ma in vece sua ed al suo posto trovò un dragone di apparenza mostruosa, squamoso, con una lingua di fuoco, fisso a sorveglianza d’innanzi un palazzo d’oro, con impalcato d’argento; e sopra il muro vedevasi sospeso uno scudo di rame sfolgorante con su impressavi questa leggenda:
«Colui che qui entrerà sarà il vincitore;
E quegli che ucciderà il dragone, avrà guadagnato lo scudo.»
«Ed Etelredo sollevò la sua mazza, e di pieno colpo ne percosse il capo del dragone, che cadde a lui dinanzi, rendendo l’estremo suo fiato tutto nauseabondo con sì spaventevole, sì aspro e sì acuto ruggito, che Etelredo fu costretto di turarsi le orecchie colle mani per eludere un sì terribile rumore, tale che simile non aveva mai udito di sua vita.»
Qui, feci bruscamente una nuova pausa, e questa volta con senso di violento stupore; avvegnachè adesso non fosse proprio più il caso di dubitare ch’io realmente non avessi inteso (certo mi sarebbe