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ne’ suoi occhi un non so che d’insensata ilarità, e in tutti i suoi modi una specie d’isterismo evidentemente compresso. Quell’aria mi spaventò; nondimeno la sua presenza era preferibile certo alla solitudine che sin’ allora aveva sopportato; accolsi quindi l’amico come un vero sollievo.
— Come! non lo vedeste voi dunque? dissemi egli bruscamente, dopo alcuni minuti di silenzio e dopo avere dato intorno intorno un’occhiata fissa e spaventata: — Come! voi dunque, replicò, non lo scorgeste? — Aspettate, aspettate! Lo vedrete, sì, lo vedrete! E in questo dire, postò con cautela la sua lampada in un cantuccio, e poscia lanciossi ad una delle finestre, e la spalancò tutta quanta al furore della tempesta.
L’improvvisa e rapida raffica del vento poco mancò non ci sollevasse dal suolo. Era proprio una notte di temporale spaventosamente bella, una notte unica e strana nel suo orrore e nella sua magnificenza. Sembrava che un fiero turbine si fosse tutto concentrato in que’ d’intorni, poich’eranvi spessi e terribili mutamenti nella direzione del vento, e l’eccessiva densità delle nubi — discese allora sì basse che quasi pesavano sulle torricciuole del castello — c’impediva di valutare giustamente quella vivente velocità con cui i venti urtavansi l’un l’altro in tutti i punti dell’orizzonte, a vece di perdersi nello spazio. Quella straordinaria loro densità ci vietava di scorgere cotale fenomeno; ed intanto non un filo del disco lunare, non raggio di stella, non qualsiasi altro brillamento di luce splendeva ai nostri occhi.
Ma le superficie inferiori di questi grossi ammassi di vapori sconvolti e sobbalzanti, e ogni