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udissi la menoma voce in tutto quel solenne deserto senza confini. Ed io fissava i caratteri della roccia, che s’eran mutati; — ed ora essi rappresentavano questa parola: Silenzio.


E i miei occhi ricaddero sulla figura dell’uomo, e tutto il suo aspetto era livido per terrore. — E’ con impeto tolse dalla mano il capo, si rizzò sul masso e tese l’orecchio. Ma, in tutta la immane solennità di quel deserto sconfinato, non una voce; e le lettere impresse sulla roccia, queste: Silenzio. E l’uomo arricciò di paura in tutto il corpo, e fe’ repente un voltafaccia, e fuggissi lontan lontano, a precipizio, tanto che dileguossi, nè io più lo vidi —



Certo, trovansi di bei racconti nei libri dei Magi, ne’ melanconici libri de’ Magi, che son legati in ferro. In essi, dico, trovansi narrazioni splendide — del cielo, della terra e del potente mare, — e de’ Genj che regnarono sul mare, sulla terra e ne’ sublimi cieli. E scienza profonda eziandio rivelavasi nelle parole che sono state profferite dalle Sibille; — e sante, sante cose furono un tempo udite dalle melanconiche quercie che agitavansi intorno a Dodona1; ma, come è vero che Al-

  1. Oggi Castritza, città dell’Epiro in Caonia, che sorgeva a mezzo vasta foresta d’annose quercie, a cui la favola attribuiva il dono della parola. Ivi, gli astuti sacerdoti rendevano alle stolte plebi gli oracoli di Giove, — non soli, non ultimi sussidj della bottega antica.

    B. E. M.