Pagina:Poe - Storie incredibili, 1869.djvu/102


— 96 —


sione che mi avvicinai alla proda del letto. Lento lento sollevai i funebri drappi del cortinaggio; e, nel lasciarli andare, essi ricaddero sulle mie spalle — per cui, separato dai viventi, mi trovai come chiuso nella più stretta comunione con la defunta.

Tutta l’atmosfera della camera sapea di morte; ma l’esalazione particolarissima della bara mi faceva male, e mi pareva già di sentire venir su dal cadavere i deleterj principj del suo sfacelo. Per liberarmi di là avrei pagato un mondo, avrei donato l’anima per fuggire all’influsso pernicioso della mortalità, per respirare ancora una volta l’aere puro de’ cieli eterni e sereni. Ma io non aveva più il potere di muovermi, mi sentiva inchiodato là, quasi masso: mi vacillavano fortemente le ginocchia, sembrava che fossi piantato nel suolo, continuando a guardare fisso fisso l’irrigidito cadavere lungo disteso nell’aperta bara.

Cielo! è egli mai possibile? ha dunque il mio cervello dato la volta? o il dito della defunta si è mosso nella bianca tela che lo copriva? — Possibile?

Tutto tremante d’inesprimibil paura, alzai lentamente gli occhi per vedere la fisonomia del cadavere. La benda con cui egli aveva fasciato la bocca, non so come, erasi rallentata e caduta; le labbra contorcevansi lividamente in una specie di indefinibil sorriso, ed a traverso il melanconico loro contorno i denti di Berenice bianchi, lucenti, affilati, terribili mi fissavano tuttavia con una vivezza di vita reale. Quasi preso di convulsioni diaboliche, mi staccai dal letto e, senza profferire parola, mi slanciai come un maniaco fuori di questa camera di mistero, di orrore e di morte.

· · · · · · · · · · · · · · ·