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Però, non tardai a vergognarmi della mia debolezza, e proseguii. Mentre ci dirigevamo verso il portone d’ingresso, mi accorsi che era semiaperto, e vidi una faccia d’uomo che guardava per l’apertura. Un momento dopo, quell’uomo venne innanzi, s’avvicinò al mio compagno e, chiamandolo per nome, gli strinse cordialmente la mano e lo pregò di scendere da cavallo. Era il signor Maillard in persona, un vero gentiluomo della vecchia maniera: bello e nobile aspetto, modi squisiti e una cert’aria di gravità, di dignità e di autorità, che produceva una profonda impressione.
Il mio amico mi presentò e spiegò il mio desiderio di visitare lo stabilimento. Poi, dopo che il signor Maillard gli ebbe promesso che avrebbe avuto per me tutti i riguardi possibili, egli si accommiatò da noi, e da quel momento non lo rividi più.
Rimasto solo con me, il direttore mi fece entrare in un piccolo parlatorio, pulitissimo, che conteneva, oltre ad altri indizî di un buon gusto raffinato, molti libri, dei disegni, dei vasi di fiori e degli strumenti musicali. Un bel fuoco fiammeggiava allegramente nel caminetto. Al pianoforte, stava seduta, e cantava un’aria di Bellini, una giovane e bellissima donna, che quando entrai s’interruppe e mi accolse con graziosa cortesia. Ella parlava piano, e in tutti i suoi modi c’era un non so che di mortificato. Mi parve an-