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agile, e superando i maggiori sforzi di costui nella musica vocale, con muggiti da basso, tratti dalle profondità de’ suoi polmoni stentorei.
Certo, erano giunti alla fortezza della peste. Ad ogni loro passo o ad ogni loro capitombolo, la strada che percorrevano diveniva sempre più orribile e più immonda, con passaggi sempre più stretti e più intricati. Grosse pietre e travi che cadevano qua e là dai tetti in rovina dimostravano, con le loro cadute pesanti e tremende, quanto fossero prodigiosamente alte le case circostanti. E, quando essi dovevano fare uno sforzo energico per aprirsi un varco attraverso i frequenti mucchi di macerie, avveniva spesso che le loro mani si posassero su di uno scheletro, o affondassero in carni decomposte.
Ad un tratto, i due marinai incespicarono contro la soglia di un vasto edificio di aspetto sinistro; un grido più acuto d’ogni altro grido proruppe dalla gola dell’esasperato Legs, e dall’interno rispose un’esplosione rapida di successivi urli selvaggi, demoniaci, che quasi parevano scoppî di risa. Senza spaventarsi per quelle voci che per la loro natura, in quel luogo, in un simile momento, avrebbero agghiacciato il sangue entro petti meno incendiati, i nostri due ubbriachi si scagliarono a testa bassa contro la porta, la sfondarono, e piombarono nell’interno, eruttando un uragano d’imprecazioni.
La sala nella quale si videro, altro non era che