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alle zampe di una tartaruga marina. Due occhietti d’un colore impreciso brillavano profondamente infissi nella sua testa. Il naso rimaneva sepolto nella massa di carne che avvolgeva la sua faccia tonda, piena e purpurea, e il grosso labbro superiore si riposava compiacentemente sull’inferiore, ancor più grosso, con un’aria di soddisfazione personale, aumentata dall’abitudine, che aveva il proprietario delle suddette labbra, di leccarsele di tanto in tanto. Evidentemente, egli guardava il suo lungo compagno di bordo con un sentimento che era per metà di meraviglia e per metà beffardo; e talvolta, se lo guardava in faccia, sembrava il sole quando, rosso al tramonto, sogguarda la cima delle rupi di Ben-Nevis.
Le peregrinazioni di quella degna coppia nelle diverse taverne delle vicinanze, nelle prime ore della notte, erano state varie e piene di avvenimenti. Ma i fondi, anche i più copiosi, non durano eternamente e i nostri amici si erano avventurati con le tasche vuote nella bettola a cui abbiamo accennato.
Nel momento preciso in cui veramente comincia questo racconto, Legs e il suo compagno Hugh Tarpaulin stavano seduti nel centro della sala, ognuno coi gomiti puntati sulla grande tavola di legno, e con la faccia fra le mani. Sotto la protezione di una capace bottiglia di hummingstuff, non pagata, essi sbirciavano le sini-