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dere in preda a tale spavento una riunione di gente assennata. Tutti divennero pallidi come cadaveri, tutti si raggomitolarono sulle loro seggiole, rabbrividendo e balbettando dal terrore, mentre pareva aspettassero, tendendo ansiosamente l’orecchio, il ripetersi di quei rumori. Essi si ripeterono, infatti, più forti e come se si avvicinassero, e poi ripresero, per la terza volta, e infine per la quarta, ma decrescendo... Placatasi la tempesta, tutti i commensali si riebbero come per incanto, e l’animazione e gli aneddoti si rinnovarono. Io m’azzardai allora a domandare la ragione di quel grande turbamento ormai passato.
— Cosa da nulla! — mi rispose il signor Maillard. ― Ci siamo assuefatti, e, veramente, non ce ne inquietiamo molto! I pazzi, a intervalli regolari, si mettono a urlare tutti insieme, eccitandosi l’un l’altro, come fanno qualche volta, di notte, i cani di un canile. Accade anche, di tanto in tanto, che codesti concerti di urli siano seguiti da uno sforzo simultaneo di tutti i pazzi per evadere. In questi casi naturalmente, si ha motivo di provare qualche timore...
— E quanti sono, attualmente, i pazzi che tenete prigionieri?
— Per ora, non sono più di dieci.
— Principalmente donne, suppongo...
— Oh, no! Tutti uomini; e robusti, ve l’assicuro!
― Strano! M’avevano detto che la maggio-