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alle sopracciglia e sembrò profondamente umiliata per quella ramanzina. Chinò il capo e non pronunciò una sillaba. Ma un’altra signora, più giovane, riprese la conversazione. Era la bella creatura che avevo già vista nel salotto.

— Oh! — esclamò; — la signora Joyeuse era una pazza! Non così Eugenia Salsafetle, che mostrava, invece, di avere molto buon senso! Costei era una bellissima giovane signora, dal fare compunto e modesto, che giudicava fosse sempre di moda vestirsi in un modo molto indecente, e che voleva sempre mettersi fuori delle sue vesti, invece di mettersi dentro! È una cosa che si può fare molto facilmente, d’altronde! Basta far così... e poi così... e poi ancora così... ed infine...

— Mio Dio! signorina Salsafetle!... — esclamarono insieme dieci o dodici voci. — Che cosa fate?... Basta! Basta! Abbiamo visto, come si può fare! Abbiamo visto! Basta!

E alcuni commensali scattavano già dalle loro sedie per impedire alla signorina Salsafetle di imitare in tutto e per tutto la Venere dei Medici, allorchè il risultato desiderabile fu improvvisamente ed efficacemente prodotto da certe alte grida, o piuttosto da certi urli provenienti da una qualche parte dell’edificio centrale del castello. I miei nervi furono, a dire il vero, molto scossi da quegli urli; ma gli altri commensali m’ispirarono pietà. Mai, in vita mia, m’accadde di ve-