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fosse lo spettro di colui che avevo assassinato, e mi mostrava la via del patibolo.

Dapprima, feci uno sforzo per scacciare questo incubo dall’animo. Mi misi a camminare con vigore, più presto, più presto ancora, sinchè mi misi a correre. Sentivo un diabolico desiderio di gridare a gran voce. Ogni successiva ondata di pensiero mi penetrava di nuovo terrore perchè capivo bene, ahimè, troppo bene che pensare nella mia situazione, voleva dire essere perduto.

Affrettai ancora la mia andatura. Balzavo come un pazzo attraverso i crocicchi affollati; Infine il popolaccio prese l’allarme e mi inseguì. Sentii allora che il mio destino era consumato. Se avessi potuto strapparmi la lingua, l’avrei fatto, ma una voce rude risuonò al mio orecchio, una mano più rude mi afferrò la spalla. Mi voltai, mi sentii mancare il fiato. Per un momento provai tutte le angoscie della soffocazione; diventai cieco, sordo, il capo mi girava; ed ecco che qualche invisibile demonio, così pensai, mi colpi sulla schiena colla sua palma aperta. Il segreto lungamente prigioniero scoppiò fuori dalla mia anima.

Dicono che parlai con una enunciazione distinta, ma con un’enfasi marcata e un’appassionata urgenza, come temendo d’essere interrot-