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to primitivo e di non lasciargli che lo scellino prescritto dalla legge. Egli, (il testimonio), face- ora solennemente appello all’accusato perchè dichiarasse se ciò che egli (il testimonio) aveva esposto corrispondesse o no a verità in ogni particolare essenziale. Con grande stupore di tutti i presenti, il Sig. Pennifeather ammise francamente che così era infatti.

Il magistrato considerò a questo punto suo dovere di mandare un paio di poliziotti a perquisire la camera che l’accusato occupava, nella casa dello zio. Da questa perquisizione essi tornarono quasi immediatamente con quel conosciutissimo portafogli in cuoio di Russia legato in acciaio, che il vecchio gentiluomo portava abitualmente da anni. I valori che conteneva, tuttavia, erano stati sottratti, e il magistrato si sforzò invano di estorcere dal prigioniero la confessione dell’uso che ne aveva fatto, o del luogo dove li aveva nascosti. Non solo, ma egli negò ostinatamente di saper nulla della cosa. I poliziotti scoprirono anche, tra il letto e il materasso del disgraziato, una camicia e un fazzoletto marcati colle sue iniziali, e tutt’e due orribilmente insozzati del sangue della vittima.

In quel momento giunse la notizia che il cavallo dell’assassinato era appena spirato nella stalla in seguito alla ferita ricevuta, e il Sig.