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grande persino degli uccelli roc che avevo incontrati nei miei precedenti viaggi; poichè era più grosso che la più grande delle cupole del vostro serraglio, o il più munifico tra i Califfi. Questo terribile volatile non aveva apparentemente testa, ma consisteva unicamente in un ventre, che era di prodigiosa rotondità e grassezza, di una sostanza dall’aspetto molle, liscio, brillante e screziato a strisce di varii colori. Tra i suoi artigli il mostro si stava portando via verso il suo nido nei cieli una casa dalla quale aveva asportato il tetto, e nell’interno della quale vedemmo distintamente degli esseri umani, ì quali erano senza dubbio in uno stato di spaventosa disperazione per l’orribile fato che li aspettava. Noi urlammo a tutta possa, nella speranza di spaventare l’uccello e fargli lasciare la preda; ma esso diede soltanto uno sbuffo, come di rabbia, e lasciò cadere sulle nostre teste un sacco pesante, che trovammo pieno di sabbia.

«Frottole!» disse il re.

«Fu subito dopo questa avventura che incontrammo un continente d’immensa estensione e di solidità prodigiosa, il quale nondimeno veniva interamente sopportato sul dorso di una vacca azzurra che non aveva meno di quattrocento corna» 1.