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suo marito (che non gliene serbò rancore poichè intendeva di torcerle il collo il mattino appresso) fece in modo di svegliarlo, dico, (sebbene grazie a una eccellente coscienza e a una facile digestione egli dormisse magnificamente) per mezzo del profondo interesse di una storia (si trattava, mi pare, di un topo e di un gatto nero) che essa narrava (a voce molto bassa, naturalmente) a sua sorella. Accadde che, quando sorse il giorno, questa storia non era del tutto finita; e Sherazade secondo la natura delle cose non poteva finirla allora, poichè era gran tempo per lei di alzarsi ed essere strangolata — una cosa di ben poco più piacevole che l’impiccagione, se non forse leggermente più aristocratica!

La curiosità del re tuttavia prevalse, mi duole il dirlo, persino sui suoi solidi principi religiosi, e lo indusse a posporre per questa volta il compimento del suo voto sino al mattino seguente allo scopo e colla speranza di udire quella notte come la andava a finire pel gatto nero (un gatto nero, mi par proprio che fosse) e pel topo.

Giunta la notte, tuttavia, la Signora Sherazade non soltanto diede l’ultimo tocco al gatto nero ed al topo (il topo era azzurro) ma, prima di saper bene quel che si facesse si trovò profondamente avviluppata negli intrichi di una