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non può essere che possibile o impossibile — non vi sono gradazioni. Potrebbe essere più difficile capovolgere le Ande che un formicajo; ma non può essere più impossibile annientare cosi la materia dell’uno come la materia dell’altro. Un uomo può saltare dieci piedi con minor difficoltà che saltarne venti; l’impossibilità di fare un salto fino alla luna non è certamente minore dell’impossibilità di fare un salto fino alla stella Sirio.

Poiché tutto ciò è innegabile; poiché lo spirito non può scegliere che fra diverse impossibilità di concezione; poiché una impossibilità non può essere maggiore di un’altra, e non può essere preferita ad un’altra, i filosofi — i quali non sostengono soltanto l’umana idea dell’infinito, basandosi sulle ragioni già citate, ma riguardo a questa ipotetica idea sostengono anche l’infinito stesso — s’impegnano evidentemente a dimostrare che una cosa impossibile è possibile, dimostrando come sia pure impossibile un’altra cosa. Ciò sarà chiamato un nonsenso e forse lo è; veramente io credo che sia un nonsenso straordinario, ma però rinuncio a reclamarlo come mio.

La più pronta maniera, tuttavia, di spiegare la falsità degli argomenti filosofici in questa materia, è semplicemente di osservare un fatto che la riguarda e che è stato finora completamente disprezzato — il fatto, cioè, che l’argomento di cui abbiamo parlato prova e confuta entrambe le sue proposizioni. «La mente è spinta», dicono i teologi ed altri, «ad ammettere una Prima Causa, per la maggiore difficoltà che prova a concepire cause sopra cause’senza fine». L’arguzia, come prima, sta nella parola «difficoltà», ma qui a che cosa è impiegata? A sostenere una Prima Causa. E che cosa è una Prima Causa? Il limite estremo di tutte le cause. E che cosa è il limite estremo di tutte le cause? La Fine — il Finito. Cosi si è impiegata, da Dio sa quanti filosofi. la stessa arguzia in due procedimenti, per sostenere ora il Finito ed ora l’Infinito; non potrebbe dunque servire a sostenere qualcosa di più? Quanto alle arguzie, esse, almeno, sono insopportabili. Ma, per lasciarle, diremo che ciò che provano in un caso è identico a ciò che dimostrano nell’altro, vale a dire nulla.

Naturalmente nessuno supporrà che io combatta qui per la impossibilità assoluta di ciò che noi tentiamo di comunicare colla parola «Infinito». Il mio unico scopo è quello di dimostrare quale follia sia il tentare di provare l’Infinito stesso, oppure la nostra concezione di esso, per mezzo di quegli sbagliati ragionamenti che ordinariamente si usano.

Ciononostante, individualmente, mi sarà permesso di dire che non posso concepire l’Infinito e sono convinto che nessun essere umano lo può. Una mente non interamente cosciente, non abituata all’analisi interiore delle sue proprie