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tivo o induttivo per mezzo del quale egli le raggiunse, la sua risposta sarebbe stata: — «Io non so nulla intorno ai metodi ma io conosco bene il macchinario dell’Universo. Eccolo qui. Io lo afferrai colla mia anima, lo raggiunsi per mezzo di lina semplice «intuizione». Ohimè! povero vecchio ignorante! Non poteva qualche metafisico dirgli che ciò ch’egli chiamava «intuizione» non era altro che la convinzione risultante dalle deduzioni o dalle induzioni di cui i processi erano tanto tenebrosi da sfuggire alla sua consapevolezza, da eludere la sua ragione e comandare diffidenza alla sua capacità di espressione? Che grande peccato che qualche «filosofo moralizzatore» non lo abbia illuminato su tutto ciò! Come lo avrebbe confortato nel suo letto di morte il sapere che invece di essere andato avanti così intuitivamente e sconvenientemente aveva realmente proceduto decorosamente e legittimamente — cioè — Hogg-iana-mente o almeno, Ram-ianarnente1 — verso i vasti palazzi dove stanno raggianti, non curati e, fin qua, mai toccati dà mano mortale — mai visti da occhio mortale — i segreti imperituri e inapprezzabili dell’Universo!

«Si, Kepler fu essenzialmente un teorista; ma questo titolo, ora così santo, era in quegli, antichi giorni una designazione di supremo disprezzo. È solamente ora che gli uomini cominciano ad apprezzare quel divino vecchio — a simpatizzare colla profetica e poetica rapsodia delle sue sempre memorande parole. Per mia parte», continua lo Sconosciuto corrispondente, «io ardo di un sacro fuoco soltanto quando penso a quelle parole, e sento che non sarò mai stanco di ripeterle: — Concludendo questa lettera, permettete che io abbia il grande piacere di trascriverle di nuovo: — «Non mi curo che la mia opera sia iella ora o dalla posterità. Posso avere il coraggio di aspettare per un secolo i lettori, quando Dio stesso ha aspettato mille anni un osservatore, lo trionfo. Ho rubato l’aureo segreto degli Egiziani. Voglio abbandonarmi al mio sacro furore!»

Qui finiscono le mie citazioni di questa epistola veramente inesplicabile ed anche alquanto impertinente; forse sarebbe una follìa il commentare in ogni punto le idèe chimeriche, per non dire rivoluzionarie, dello scrittore — chiunque egli sia — idee che sono così radicalmente in guerra colle opi*- nioni tanto considerate e tanto stabilite di quest’epoca. Procediamo allora verso la nostra legittima tesi, L’Universo.

  1. Alla maniera di Bacone e di Aristotele.                    (Nota del Trad.)