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zioni illimitabili che non conoscono assolutamente nessun «sentiero».

«A proposito, mio caro amico, non è questo un segno della schiavitù mentale imposta a quella gente bigotta dai loro Porci e dai loro Arieti, questo che nessuno di essi, a dispetto dell’eterno chiacchierare dei loro sapienti, fra le vie per arrivare alla Verità non abbia mai incontrato, anche per caso, quella via che noi ora vediamo così distintamente essere la più larga, la più giusta e la più utile di tutte le vie — il grande corso, la maestosa strada maestra della Consistenza? Non è stupefacente che essi non abbiano saputo dedurre dai lavori di Dio la vitale e importante considerazione che una consistenza perfetta non può essere che un’assoluta Verità? Quanto chiaro — quanto rapido fu il nostro progresso dacché si enunciò questa proposizione! Per mezzo suo l’investigazione è stata tolta fuori dalle mani delle terragne talpe e data come un dovere, piuttosto che come un compito ai veri — ai soli veri pensatori — a quegli uomini veramente educati e pieni di ardente imaginazione. Questi ultimi — i nostri Keplers — i nostri Laplaces — «speculano» — «teorizzano» — queste sono le vere parole; — non potete voi imaginare l’urlo di scorno con cui queste parole sarebbero accolte dai nostri progenitori, se fosse loro possibile di guardare sopra la mia spalla mentre scrivo? I Keplers, ripeto, speculano — teorizzano — e le loro teorie sono puramente corrette — ridotte — rischiarate — vagliate a poco a poco dalla loro pula di inconsistenza — finché, alla fine, vi appaja una perfetta Consistenza — una consistenza che anche il più stolido uomo — (perchè è una consistenza) — ammetterebbe come una Verità assoluta e incontrastabile.

«Io ho sovente pensato, amico mio, che il determinare da quale dei loro due vantati metodi il criptografista ottenga la soluzione delle cifre più complicate — o da quale di essi Champollion guidò l’umanità a quelle importanti ed innumerevoli verità che, per tanti secoli, sono rimaste sepolte fra i geroglifici fonetici dell’Egitto — avrà non poco imbarazzato anche questi dogmatici di un migliajo d’anni fa.

Sarebbe stato specialmente d’imbarazzo a questi bigotti il determinare per quale delle loro due vie fu raggiunta la più importante e più sublime di tutte le loro verità — il fatto — la verità della gravitazione? Newton la dedusse dalle leggi di Kepler. Kepler ammise che queste leggi — le indovinava — queste leggi le cui investigazioni dischiusero al più grande degli astronomi Britannici quel principio, quella base di tutti i principi fisici (esistenti), seguendo il quale noi entriamo ad un tratto nel regno nebuloso dei Metafisici. Si! Kepler indovinava queste leggi vitali — cioè le invaginava. Se gli avessero chiesto di indicare il metodo dedut-