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bene a mente la commissione del Padre, il quale commise loro di fare il mortal genere il meglio che si potesse; e però, nobilitando la parte di noi meno gentile acciocchè ancora ella sfiorasse della verità in alcun modo, quivi posero la virtù della divinazione. Un sufficiente segno che Iddio fe’ dono della divinatoria a quella parte dell’uomo che è senza intelletto, si è, che nessuno fa presagio spirato da Dio e verace mentre ha la mente franca, ma sì quando ella legata è per sonno, ovvero è peregrina, per morbo o per alcuno furore divino. A interpretare poi e ricordare le parole dette in sonno, ovvero in vegghia, da alcuna divinante natura, ella è cosa di colui che ha l’intelletto chiaro; e similmente cosa sua è mettere a ragione tutte le apparse visioni, e ritrarre come e a chi significhino alcuno bene o male futuro, o passato, o presente: ma colui il quale è e rimane in furore, non può far giudizio di ciò che veduto è o vociato da lui; e però sino da antico tempo si dice che il bene operare, e il conoscere le cose sue e sè medesimo, è di uomo savio. Onde è legge che i profeti siano preposti a giudici delle divinazioni ispirate: i quali alcuni chiamano divinatori, al tutto ignorando ch’eglino sono bensì giudici o interpreti delle sacre voci e visioni per enigmi, ma non sono divinatori; nientedimeno potrebbesi molto dirittamente chiamarli profeti di quelli i quali