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ro che sia; e Iddio le ordinò tutte, e compose questo universo, sì che fosse uno animale che accoglie tutt’i mortali e immortali animali nel seno suo. E di quelli divini è egli medesimo il fabbro; quanto è poi alla generazione de’ mortali, egli la commise ai suoi figliuoli. I quali ricevuto da lui un immortale principio di anima, lui imitando, intorno a esso formarono un corpo mortale, dandoglielo a modo come cocchio. E ancora entro al corpo ebbero fatto un’altra specie di anima, quella ch’è mortale, che in sè accoglie fatali passioni violenti: in prima il piacere, forte incitatore di mali; i dolori poi, fugatori di beni; e anco audacia e paura, stolti consiglieri; e la implacabile ira, e la speranza che lasciasi leggermente menare dall’irrazionale senso e dall’arrisicato amore, il quale a ogni cosa pone mano: e meschiando secondo necessità coteste passioni, sì ebbero fatto l’anima mortale. E temendo non s’illaidisse il principio divino, se pure ciò non fosse di necessità, essi albergano in altra stanza del corpo il principio mortale, fabbricando un congiungimento e termine nel mezzo fra la testa e il petto, cioè il collo, acciocchè separatamente quelli abitassero. Adunque nel petto o torace, così è chiamato, legaron l’anima mortale. E perciocchè una parte di lei ha migliore natura, e l’altra peggiore, ei spartirono in due il cavo del petto, come se una parte fosse abitazione di donne e l’altra di uomini, spiegando il diaframma a modo come un tramezzo. Onde quella parte dell’anima ch’è forte e irosa, come battagliera ch’ella è, gl’Iddii stanziarono più