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guardi al mezzo differentemente di come lo guardi alcuna altra parte sua che è a dirimpetto. Onde se alcuno mai dà nomi contrarii, quali che siano, a ciò ch’è naturalmente simile da ogni lato, come reputerà egli di parlare dirittamente? E per certo, se un corpo fosse inlibrato nel mezzo dell’universo, esso mai non si trarrebbe verso alcuno degli estremi, a cagione della perfetta loro simiglianza. E se alcuno camminasse attorno di quello, avendo molte fiate le piante volte là contro ove le avea dinanzi, egli chiamerebbe su e giù un medesimo luogo di questo corpo medesimo. E però, come detto è, essendo sferoidale l’universo, non è da savio uomo dire ch’esso abbia un luogo su, un altro giù.

Ma onde siano venuti questi nomi e dove hanno vero valore, perchè poi ci adusammo di spartire anche tutto il cielo in su e in giù, è da chiarire; e ciò chiariamo così, ponendo noi questo caso. Se alcuno levatosi su a quel luogo ch’ebbe specialmente il fuoco a sua stanza, e dov’esso è ragunato molto copiosamente, e verso dove si muove ogni fuoco; e, potendo, pigliato parti di fuoco, le pesi ponendole nelle coppe d’alcuna bilancia, levando il giogo e per forza traendo il fuoco per entro al dissimile suo, che è l’aria; manifesto è come la parte più piccola più si umilia alla violenza facilmente, che non la più grande. Imperocchè con medesima forza levati insieme su in aria due corpi, è necessario che quel ch’è più, secondi meno, e quel ch’è meno, secondi più la forza che li tira: e allora quel ch’è molto si dice grave e che