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XIX.

Adunque, il ragionamento mio è questo, secondo ch’io penso; e io lo ridico in breve. Ci sono Ente, Spazio, Generazione, tre cose, ciascuna in suo modo, e innanzi che si generasse il cielo; e la nutrice della generazione, umidendosi e affocando, e le forme di terra accogliendo e di aria, e tutte l’altre passioni ricevendo, le quali seguono a queste, svariata è a vedere; e per essere ella piena di forze non simiglianti nè contrappesate, non librasi da niuna parte, ma sì da ogni parte si dilibra fuor di misura, e dalle sopraddette forze ella squassata, alla sua volta le squassa; e quelle, mosse così, disceverarsi e quali trarre in un luogo, quali in un altro. E siccome cose scosse e ventilate da vagli e arnesi da purgare frumento, che le dense e gravi si radducono in una parte, le rare e lievi in un’altra; così allora i quattro generi scossi, come da istromento che scuota, dal recettacolo sè dimenante, i dissimigliantissimi gli uni dilungarsi da gli altri quanto potevano, e i simigliantissimi quanto potevano costrignersi in un luogo medesimo: perocchè essi tenevano diversi luoghi avanti che ordinati fossero per lo nascimento dell’universo; e però si comportavano irragionevolmente e isregolatamente. E allo-

    spazio è molti, l’idea non può sussistere nello spazio; se no, ella sarebbe uno e molti.