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nevoli?

In prima, ciò che testè noi abbiamo chiamato acqua, densandosi, ci pare vederla diventar pietra e terra; e se si solve e discerne, vento e aria; e affiammandosi l’aria, diventar fuoco; e densandosi il fuoco e spegnendo, tornare nuovamente in forma di aria; e l’aria se si costringe e affolta, diventar nuvole e nebbie; e queste, pressate più, sciogliersi in acqua; e dall’acqua riuscire di nuovo pietra e terra: sicchè, come pare, essi dannosi in giro la generazione vicendevolmente. E così queste cose mai non rimanendo medesime, di quale di esse affermerà alcuno per certo, questa è, senza che di sè si vergogni? ma di ciò egli è molto securo così dire: sempre quello che noi veggiamo quando generarsi in una forma, quando in un’altra, come il fuoco, non si dee nominare Questo, ma sempre Cotale; così, il cotale fuoco1, e nè anche quest’acqua ma sì la cotale acqua: e universalmente le altre cose siffatte non convien chiamare così come se elle avesser fermezza, dico io quelle, per le quali noi usiamo, per mostrarle, dei nomi Questo e Cotesto, immaginandoci di manifestare alcuna cosa: imperocchè elle fuggono, non aspettando il Questo o Cotesto o a Cotesto o altra parola simigliante che le significhi com’enti stabili. E non si ha a nominare fuoco, aria, acqua, terra, ciascuno sceveratamente2; ma sibbene e

  1. Imperocchè la prima parola significa ente invariabile, e la seconda significa parvenza che muta.
  2. Come se fosse cosa da sè e per sè, cioè come fosse idea o specie.