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per adoperare insieme la comparita del tempo, furono entrati nei cerchi, e legati con animati legamenti i loro corpi, furon divenuti animali; appresi gli ordinamenti, seguitando il moto dell’altro, che è obbliquo e traverso il moto del medesimo dal quale è signoreggiato, quale si fu messa ad andare per maggiore e quale per minore orbita, e quei dall’orbita minore volgersi più veloci, quei dalla maggiore, più lenti; ma a cagione del movimento del medesimo quei di loro che si rivolgono velocissimamente e che giungono i più lenti, parvero a comparazione di questi essere tardi, e da questi essere giunti. La quale cosa però avvenne, che il moto del medesimo rivolge spiralmente tutti i loro cerchi; sicchè per lo andare quelli con due indirizzamenti contrarii1, quel pianeta che più tardo si dilunga dal moto del medesimo, il quale è velocissimo, pare tenergli dietro molto da presso.

Ma, acciocchè alcuna misura chiara ci fosse della lentezza e velocità con la quale per li otto cerchi questi pianeti, gli uni in rispetto agli altri, farebbero loro viaggio, Iddio accese un lume nel secondo de’ cerchi che inghirlanda la terra, il quale chiamato è sole, perchè egli illuminasse tutto il cielo molto abbondantemente, e tutti quegli animali partecipassero di numero, ai quali si conveniva, apprendendolo dal volgimento del medesimo e simile.

  1. Siccome soggetti al moto diurno, e a quello obbliquo dell’eclittica, i quali moti sono contrarii fra loro.